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CRISI DEL COMMERCIO E DEL TURISMO - CONFCOMMERCIO SCRIVE AL SINDACO DI PESCARA: “CONVOCHI CON URGENZA UN TAVOLO DI RILANCIO DEL TURISMO E DEL COMMERCIO”

Riccardo Padovano - Presidente Confcommercio Pescara:

“Abbiamo chiesto al Sindaco di Pescara la convocazione urgente di un Tavolo di rilancio del turismo e del commercio della Città di Pescara che coinvolga le associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

Appare infatti evidente che due anni di pandemia hanno ulteriormente peggiorato una situazione che per il comparto del commercio e del turismo era già molto preoccupante, così come confermato dall’ultimo report del Centro Studi Confcommercio (di seguito una sintesi) che ha analizzato la demografia di impresa nelle principali città italiane di media dimensione, fra cui anche Pescara, dal 2008 al 2021.

Nella nostra città tantissime sono le attività che hanno chiuso o che si trovano in grave difficoltà, e le prospettive - fra caro bollette e venti di guerra - non appaiono certo rassicuranti circa un’inversione di tendenza nel breve periodo. Pescara vive di commercio e di turismo e deve necessariamente assecondare la sua naturale vocazione con scelte coraggiose che vadano a salvaguardare e puntellare questi settori fondamentali.

Riteniamo che un Tavolo permanente di rilancio del commercio e del turismo possa essere lo strumento più adatto per assumere decisioni concrete condivise con i portatori di interesse, anche al fine di stemperare tensioni latenti che rischiano di affiorare in mancanza di ascolto e coinvolgimento delle parti in causa.

In tale contesto occorre assumere nel breve periodo provvedimenti urgenti che diano il segno della vicinanza del Comune alle imprese, ad esempio sul problema degli orari e sulla fiscalità locale, ed individuare immediate strategie di rilancio del commercio e del turismo con eventi e azioni di comunicazione che devono vedere come capofila l’Amministrazione Comunale.

Nel medio-lungo termine occorre invece pensare a nuovi modelli di governance urbana che, con il contributo di chi nella città vive e lavora, siano realmente capaci di dare risposte concrete all'economia reale e immaginare una nuova visione della città.

Occorre puntare su una più ampia strategia di rigenerazione urbana che, attraverso il rafforzamento dei partenariati locali fra pubblico e privato, sappia contrastare i fenomeni di desertificazione commerciale e valorizzare  il tessuto economico in tutte le sue forme e funzioni, incluse quelle di attrazione culturale e turistica, di sostenibilità ambientale e di innovazione capillare e diffusa, migliorando al contempo la qualità urbana e la coesione sociale.

Coinvolgimento del territorio e integrazione progettuale fra temi urbani ed economici devono guidare le scelte inerenti il futuro della città, al fine di usare efficacemente i finanziamenti disponibili, a partire dalle opportunità contenute nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per la rigenerazione urbana.”

Ufficio Studi Confcommercio

Settima edizione dell’osservatorio

sulla demografia d’impresa nelle città italiane

Con il contributo del Centro Studi delle Camere di Commercio G. Tagliacarne (che fornisce i dati di base) sono stati osservati 120 comuni medio-grandi, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione.

Per i 120 comuni è stato analizzato - dal 2008 a giugno 2021 - l’andamento dello stock delle imprese del commercio al dettaglio secondo categorie merceologiche, e dei settori degli alberghi e delle attività di ristorazione.

In tali comuni le attività ammontano a circa 921mila unità circa; di queste 467mila riguardano il commercio al dettaglio in sede fissa.

In 9 anni sono scomparsi quasi 85mila negozi fisici, di cui quasi 4.500 durante la pandemia, ma questi numeri potrebbero essere peggiori nella realtà perché ristori e cassa integrazione hanno congelato la demografia.

Una grossa parte della riduzione è dovuta, purtroppo, alla stagnazione dei consumi di tipo strutturale che affligge l’Italia da tanto tempo. Oggi i consumi in termini reali sono sotto i livelli del 1999, e lo stesso parametro in termini pro capite si colloca sotto i valori del 1998, cioè 17.297 euro del 2021 contro i 17.708 euro di 25 anni fa.

Se sommiamo le perdite di ambulanti a quelle del commercio in sede fissa in nove anni spariscono quasi 100mila attività.

Nel commercio spariscono 200mila imprese italiane e ne emergono quasi 120mila straniere; la quota delle straniere quasi raddoppia in nove anni: dal 10,7% al 19,1%. Stesse dinamiche per l’occupazione: stabile quella degli italiani, in crescita dell’11% quella degli stranieri.

Positiva la dinamica numerica dei pubblici esercizi, ma scende la qualità dell’offerta con aumento di attività artigianali e take away.

I numeri del commercio al dettaglio negli ultimi dieci anni sono peggiori nei centri-storici piuttosto che nel resto delle aree delle città, ma il - 16,4% del dettaglio in sede fissa nei centri storici si compone di perdite moderate dei negozi che vengono beni essenziali, come alimentari o tabaccherie, mentre crescono negozi di telefonia, computer e farmacie. Salute e tecnologia sono poli attrattori dei consumi negli ultimi 20 anni e in particolare negli ultimi dieci.

In discesa soprattutto i consumi tradizionali: cade il numero di negozi di abbigliamento, calzature, libri, giocattoli, mobili, ferramenta. Questi negozi escono dai centri storici, anzi quasi scompaiono, per trasformarsi nell’offerta delle grandi superfici specializzate fuori dalle città, oppure si riaggregano nei centri commerciali ultra-periferici. Un fenomeno che comporta una minaccia per la vitalità delle nostre città.

È importante notare che la pandemia acuisce questi trend di lungo termine e lo fa con una precisione chirurgica. I settori che hanno tenuto o che stavano crescendo cresceranno ancora, quelli in declino rischiano proprio di scomparire dai centri storici.

Crescono alloggio in modalità B&B e ristorazione veloce, ma è evidente che una città che si rivolge solo a cittadini-consumatori di passaggio non va verso un equilibrio stabile: con il passare del tempo, una città senza negozi tradizionali diventerà meno gradevole anche per i turisti. Purtroppo con la pandemia questi temi sembrano assumere una connotazione particolarmente grave.

Un ultimo aspetto è la relazione tra commercio fisico e commercio on line. Resta confermato l’elevato grado di sostituibilità tra canali fisici e canale virtuale, sebbene la riduzione del numero dei negozi abbia largamente a che fare con la stagnazione dei consumi.

Va comunque ricordato che il commercio online ha aiutato e aiuta molti negozi a fare business meglio e in modo più innovativo rispetto al passato, ma in termini macroeconomici prevale la relazione di sostituzione tra canali. Relazione competitiva la cui intensità si acuisce in conseguenza degli eventi pandemici.

Inutile farsi illusioni: in conseguenza della pandemia, la competizione tra canali è destinata a intensificarsi; le vendite di servizi online recupereranno, quelle dei beni non si ridurranno. Unica soluzione per una prospera convivenza: la crescita economica, cioè l’incremento della “torta”, cosicché l’inevitabile divisione risulti soddisfacente per tutti

 

 

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